I Manager Assirm si raccontano: intervista a Rossana Dell’Isola – CEO Beyond Research
Rossana Dell’Isola – Beyond Research
Da dove nasce la passione per la ricerca?
Sembra proprio venuto il momento di confessare… in realtà io NON volevo fare ricerche di mercato, bensì la psicoanalista. L’incontro con le ricerche è avvenuto per caso, e per qualche anno è stato soprattutto un modo per mantenermi fuori casa e continuare il percorso di studi. Galeotto è stato l’incontro con Ivana Ventura, la mia più importante maestra, e la partecipazione al mondo internazionale, effervescente, creativo della Research International dei primi anni ’90: anni in cui si inventava la ricerca, si facevano le prime quali-quantitative, i primi tentativi di integrazione con la semiotica, la psicolinguistica, le tecniche creative… Tutto questo in un ambiente internazionale dove si valorizzava concretamente – anche se ancora la parola quasi non esisteva – il multiculturalismo.
E’ stato quello specifico ambiente a far scattare la passione: non solo per la ricerca in sé ma per quel fervore di sinergie e sperimentazioni che ho avuto la fortuna di vivere ed in parte guidare. D’altro canto non a caso mi ero laureata con una tesi su un pazzo ungherese che aspirava a psicanalizzare gli aborigeni…mi hanno sempre appassionato il sincretismo, l’integrazione, la contaminazione.
Da ricercatore a capo di un istituto: com’è stata la carriera di Rossana?
In un certo senso è stata una naturale prosecuzione del “sincretismo” degli inizi.
Si diventa dei qualitativi migliori quando si conoscono le quantitative, e si impara ad essere contemporaneamente umili e visionari. Si diventa dei ricercatori migliori quando si prendono in considerazione non soltanto le logiche interne del metodo ma anche il punto di vista del cliente e l’obiettivo di business comune. E i rapporti di ricerca raggiungono livelli qualitativi inaspettati quando si impara a guidare gli altri, a fare in modo che le eccellenze di un ricercatore lavorino in sinergia con le eccellenze di un altro, in un percorso di collaborazione e di fertilizzazione reciproca, senza logiche di orticello, e possibilmente con una buona dose di senso dell’umorismo.
Contemporaneamente ho avuto tanta, tanta fortuna. Fin dagli inizi in Research International ho avuto la possibilità di lavorare in un ambiente che premiava sia l’intraprendenza e l’imprenditorialità, sia il lavoro di squadra. E dove le competenze di metodo venivano nutrite insieme a quelle manageriali e finanziarie. Questa fortuna è continuata in Synovate, dove ho trovato capi e colleghi stimolanti, che mi hanno dato fiducia e che hanno allargato via via le mie aree di responsabilità.
La fondazione di Beyond poco più di un anno fa è stata anch’essa un passo naturale. Nel nostro settore si lavora sempre più per dipartimenti (di metodo, di settore merceologico), solo una realtà più piccola e flessibile mi garantiva di poter continuare ad applicare quella passione per l’integrazione che ha caratterizzato tutto il mio percorso professionale. Non a caso la mia socia Paola Germini ha una competenza quantitativa trasversale a tutte le aree di indagine e di settore. Non a caso il nostro capo del qualitativo, Andrea Zannin, insegna Semiotica e Marketing in Bocconi.
In fondo gli interrogativi che i nostri Clienti ci rivolgono hanno quasi sempre implicazioni ampie, dove ad esempio anche il più tattico cambio di etichetta ha ripercussioni significative sull’equity di brand e le dinamiche di shopping.
Per questo penso che il valore della ricerca consista nella nostra capacità di offrire la massima competenza metodologica richiesta dall’obiettivo specifico, integrata con la capacità di guardare oltre e di trarre implicazioni ad ampio raggio.
Per questo non amo la definizione “fornitore”: un fornitore è focalizzato sul prodotto e sul momento specifico dello scambio di servizi, è e rimane estraneo alle logiche aziendali. Mentre le ricerche più proficue che ho fatto in vita mia sono state quando il Cliente ci ha coinvolto profondamente negli obiettivi aziendali, in un progetto condiviso dove ognuno – pur nel rispetto del proprio ruolo – contribuiva in piena collaborazione.
E’ cambiato il mondo della ricerca rispetto a quando ha iniziato? Se sì, in che modo?
Dal lontano 1986 sono ovviamente cambiate molte cose.
Alcune in direzione non del tutto positiva: negli ultimi anni la crisi economica ha determinato anche nel nostro settore una dinamica cliente-fornitore talvolta perversa. Ad esempio la ricerca spasmodica di un abbassamento dei costi ha determinato in molti Clienti un uso della ricerca come “commodity”, e questo ovviamente non ha favorito negli istituti la ricerca di valore e di innovazione, allo stesso modo in cui una marca che fa soltanto promozioni finisce per vedere le proprie quote erose da dinamiche esclusivamente di prezzo.
Altre cose invece sono cambiate in direzione estremamente positiva. Una delle mie preferite è il cambiamento di linguaggio che la ricerca di mercato ha saputo quasi sempre adottare. Siamo stati capaci di mantenere tutta la profondità euristica degli strumenti di ricerca (psicologici, sociologici, statistici…), traducendoli però in un linguaggio completamente comprensibile al mondo del marketing, capace di confrontarsi anche con queste categorie conoscitive e di diventare contemporaneamente visionario e concreto, approfondito ed esteso.
Le nuove tecnologie e internet stanno cambiando le ricerche di mercato? Rappresentano un valore aggiunto o un ostacolo?
Le nuove tecnologie e Internet sono state un’ulteriore, importantissima fonte di cambiamento non solo per le ricerche, ma per il nostro stesso tessuto esperienziale e il nostro modo di vivere.
Dal mio punto di vista – ma oramai non vi stupirà, vero? – sono un arricchimento importante. Non solo perché riflettono quello che è oramai un ambito di esperienza vitale della maggior parte della popolazione italiana. Ma soprattutto perché sono un’opportunità per aggiungere un ulteriore punto di vista alle nostre metodologie di ricerca.
Mi spiego meglio. Come ogni metodo, anche questi nuovi approcci hanno le proprie specificità, che devono essere riconosciute appieno, altrimenti si rischia di promettere dei livelli di comprensione che non sono in realtà perseguibili. Ad esempio, un questionario on line non può essere lo stesso questionario F2F, un gruppo online non è un focus group fatto con un medium diverso. Al contrario, la specificità e la ricchezza del mondo digital e social devono diventare l’opportunità per reinventare la ricerca, e attrezzare strumenti diversi, alternativi, che integrano e non sostituiscono le metodologie tradizionali.
Allo stesso tempo dobbiamo essere consapevoli di come l’esperienza digitale e sociale sta cambiando il nostro modo di relazionarci alla comunicazione e all’informazione. Un tema importantissimo, impossibile da trattare in questa sede, e su cui Beyond ha già scritto in occasione dell’ultimo convegno Assirm sul digitale (se vi interessa, il nostro intervento è disponibile sul sito).
Quali studi consiglia a un giovane che vuole avventurarsi in questo settore?
La competenza del marketing è a mio giudizio fondamentale, così come il possesso delle tecnicalità richieste da alcuni settori (sto pensando ad esempio alle competenze statistiche).
Ciò detto, alcuni dei ricercatori migliori che ho conosciuto erano avvocati, economisti, ingegneri…l’eccellenza nella ricerca viene da qualità che vanno bel al di là delle competenze specifiche: curiosità, cultura diversificata e profonda, capacità di rimettere in discussione i propri paradigmi di interpretazione, apertura agli stimoli anche più inaspettati, passione per l’eccellenza stessa, ogni volta alla ricerca di un risultato “perfetto”.
Come, secondo lei, la ricerca può rappresentare uno strumento strategico per il Sistema-Paese?
Questa sì che è una domandona importante. Molto parlare si è fatto recentemente del vuoto istituzionale italiano, del ruolo nuovo delle marche e dei nuovi significati della responsabilità sociale…
Pur riconoscendo la realtà di questi cambiamenti, e le commistioni che si stanno creando, sono probabilmente una di quelle persone “vecchia maniera” che ritiene che il Sistema-Paese e le sue istituzioni debbano rimanere “altro” rispetto alle logiche del mercato.
Per la ricerca esistono a mio umile giudizio due livelli di utilità.
Un primo livello, quello minimale, si riferisce all’esempio manageriale e di contributo sociale che noi amministratori di società possiamo e dobbiamo dare: correttezza, trasparenza e formazione verso i collaboratori, eticità a tutto tondo verso tutti i nostri interlocutori sono valori non negoziabili, di cui il nostro Paese ha bisogno.
Un livello più aspirazionale si riferisce al ruolo potenziale che la ricerca potrebbe assumere. In fin dei conti tutti gli Istituti di ricerca – non solo quelli che si occupano di indagini politiche – sono in continuo e diretto contatto con le persone, con i loro bisogni come cittadini ancor prima che come consumatori. Siamo in una posizione privilegiata per cogliere necessità, tendenze, aree di insoddisfazione. Assirm stessa potrebbe diventare un punto di raccolta e di coordinamento di questi segnali, forniti su base volontaria da tutti gli Istituti associati, e instaurare un dialogo con le istituzioni, segnalando loro i segnali forti e deboli che cogliamo, e magari anche attivandosi a supporto di alcune iniziative degne di causa (ad esempio in collaborazione con l’Associazione dei Consumatori?).
6 - DellIsola - Beyond Research - 25 marzo.pdf