Assirm è l’Associazione nata nel 1991 che riunisce le aziende italiane che svolgono Ricerche di Mercato, Sondaggi di Opinione e Ricerca Sociale. 

Assirm organizza numerosi momenti di confronto e approfondimento sui trend, le dinamiche del mercato e i nuovi modelli di ricerca, per fare il punto sull’attualità, dando uno sguardo al futuro. Occasioni di confronto e networking. 

Assirm conferma la centralità del proprio ruolo sociale a supporto delle Imprese e del Sistema Paese, offrendo una proposta formativa di alta qualità, facilmente accessibile e fruibile, pensata per favorire il progresso dei professionisti di oggi e di domani. 

Rimani sempre aggiornato sul mondo delle Ricerche e i suoi protagonisti. 

Il Centro Studi e Formazione Assirm nasce nel dicembre 2005 con lo scopo di sviluppare la cultura professionale della Ricerca di Mercato e Sociale, e di promuoverne l’immagine e il valore presso i committenti e l’opinione pubblica. 


I Manager Assirm si raccontano: intervista a Patrizia Elli – Direttore Research Now Italia

19 Febbraio 2014

Patrizia Elli – Research Now

Da dove nasce la passione per la ricerca?

La domanda sorge spontanea a tutti: sei laureata in biologia? E come mai sei capitata a fare ricerche di mercato? La storia è lunga davvero anche se potrebbe riassumersi in “è stato il fato”. 

Non posso dire che la passione per la ricerca … di mercato sia nata presto. Ho dovuto completare l’università pensando di fare ricerca in campo medico scientifico – la passione – per poi capire che, se volevo fregiarmi del titolo di ricercatore, la biologia non mi sarebbe stata di aiuto, almeno non in Italia

Mi sono avvicinata, quindi, per “fato”.

A 18 anni non sapevo nemmeno cosa fossero le ricerche di mercato… a dire il vero nemmeno che ci fossero ricerche di mercato. Un giorno un mio amico mi disse che aveva un appuntamento alla Standa vicino al Trivulzio dove avrebbe dovuto fare delle osservazioni per conto, scoprii poi, di Abacus, ma non poteva andarci e quindi chiedeva la mia disponibilità a sostituirlo.

SI trattava di guadagnare dei soldini per fare una cosa apparentemente semplice. Seppur timorosa, accettai.

Quando alla Standa comparve un “controllore” di Abacus, mi fece il terzo grado, “licenziò” il mio amico perchè non corretto (e per fortuna non ne ebbe a male) e mi chiamò ancora per fare interviste. Ma non finì qui la coincidenza.

Una compagna di studi universitari faceva lavori di backoffice per (ai tempi) Burke Marketing. Mi introdusse e, tra un esame e la preparazione del successivo,  iniziai a fare clean , codici, codifiche, tabulazioni a mano, ecc. Si parla degli anni 80, c’erano ancora le schede perforate.  Si poteva dire “dopo hole count” e aveva un senso.

Lavoro a volte ripetitivo ma anche divertente. La logica del clean metteva a dura prova la logica personale e sviluppava la mente. L’ambiente era gradevole, pieno di giovani e si guadagnava bene.

Quando ancora le ricerche di mercato erano davvero tenute in considerazione!

Dopo la laurea mi si prospettarono contemporaneamente due lavori … proprio come  accade ora: rimanere come assistente alle ricerche oppure lavorare come informatore medico scientifico. Ma decisi per le ricerche di mercato.

Il primo impatto con una ricerca vera fu durissimo: 15 persone intorno ad un tavolo, di varie nazionalità ed esperienze, che ascoltavano attenti i risultati di un test su uno snack salato. Pensavo che avendo studiato la “scienza della vita”, non potevo perdere tempo con uno snack!

Ancora la passione non c’era o, meglio, sembrava non ci fosse. Non mi ero dimenticata di essere laureata in biologia.

Fu solo dopo che decisi di unire l’esperienza di ricerche con il percorso universitario e lavorai in un’azienda farmaceutica che capii che la mia passione era la ricerca di mercato. Non resistetti in azienda più di 8 mesi e tornai all’esperienza che ormai mi era entrata nel cuore.

Quali studi consiglia a un giovane che vuole avventurarsi in questo settore?

Negli anni 80 la ricerca di mercato quantitativa si imparava solo sul campo. “Costituiva titolo preferenziale” una laurea … ma non era necessario. A me la laurea è servita perchè mi ha insegnato un modo di “studiare” utile in questo mondo: per essere ricercatori si deve essere un po’ studiosi, avere la voglia di imparare, di comprendere.

Ma ho visto validi ricercatori fare un’eccellente carriera anche senza una laurea.

Era sufficiente saper giocare con i numeri in modo da farli parlare. E saper parlare e convincere.

Credo che per fare ricerche quantitative fosse necessario essere bravo a far di conto ed essere capace di usare la logica. Oggi credo sia necessario essere bravo a far di conto ed essere capace di usare la logica, ma anche essere proattivo!

Certo oggi l’offerta di laureati è sempre maggiore e si può scegliere. Quindi meglio se si tratta di una laurea di tipo scientifico/matematico/economico, ma poi sono le caratteristiche personali che aiutano a capire se una persona può fare questo tipo di lavoro con soddisfazione e successo.

Da ricercatore a capo di un istituto: com’è stata la carriera di Patrizia Elli?

Gli inizi li ho già raccontati. E del caso ho già parlato. Dopo l’azienda farmaceutica sono rientrata nelle ricerche in Demoskopea come direttore di ricerca, per 3 anni, poi sono stata in Doxa per più di 7 anni, quando Research International mi ha contattata con un ruolo importante che prevedeva la dirigenza.

Sebbene Doxa fosse diventata la mia casa e la mia famiglia – ricordo con affetto il Dr. Salamon, presidente e pilastro carismatico ed il copianto Dr. Brusati, il mito delle proiezioni elettorali e di qualsiasi campionamento difficile – devo dire che l’ambizione ha preso il sopravvento. Una donna dirigente e mediamente giovane non era cosa comune.

In realtà nel passaggio da Doxa a Research International ho acquisito un titolo, una qualifica contrattuale ma sono stati i 10 anni in questo istituto a darmi ulteriori stimoli ed opportunità di crescita. Non è avvenuto contestualmente all’assunzione, anzi.

Dapprima sperduta in una multinazionale dove le riunioni erano all’ordine del giorno – non ero abituata e mi sembrava di perdere tempo – ho compreso ed imparato, con il tempo, importanza  e logiche – valide e meno – di un network internazionale, migliorato la lingua inglese, che continuo a non sapere abbastanza, frequentato diversi training, all’apparenza poco utili, che invece sedimentavano ogni volta pezzettini di “conoscenza”.

E solo dopo i primi 5 anni ho iniziato un percorso che mi ha portato a diventare, da Account Director, con un gruppo di 4 persone, a COO e poi a responsabile del dipartimento quantitativo, ricercatori – operation – IT gestendo circa  35 persone. Anche dopo la fusione tra TNS e Research International quando il mio ruolo non era più previsto, non sono riuscita ad uscire dal mondo delle ricerche. Ho pensato di aprire una gelateria, un negozio di produzione e vendita di pasta. Ma il sacro fuoco della ricerca non mi ha abbandonato. Ho lavorato 3 anni con Marinella Pavan comprendendo anche le logiche di un piccolo istituto.

E poi il manager francese responsabile del business del  Sud Europa ai tempi di Research International, mi ha chiamato lo scorso anno per propormi di diventare direttore di Research Now in Italia. Bella dimostrazione di stima, non potevo non accettare.

In Italia siamo in pochi, è ancora una start-up, ma siamo fortemente presenti e leader a a livello internazionale. E mi hanno aiutato sia le esperienza in piccoli istituti sia in multinazionali.

Le nuove tecnologie e internet stanno cambiando le ricerche di mercato? Rappresentano un valore aggiunto o un ostacolo?

Non sarei attualmente Direttore di Research Now Italia se le nuove tecnologie e Internet non avessero cambiato le ricerche di mercato. Difficile dire se rappresentano un valore aggiunto o un ostacolo. Rappresentano la realtà. Ora come ora non si può prescindere dalle nuove tecnologie e da internet. Se non sei in internet, se non sai “lavorare” in internet è un po’ come, ahimè, non sapere l’inglese. Si è fuori dal mondo.

Internet ormai è uno strumento di raccolta delle informazioni valido al pari degli altri metodi e con la stessa probabilità di “bias”.  La penetrazione del mezzo è elevata.  A volte ci dicono che online ci sono solo persone di livello medio alto e quindi il campione non è “rappresentativo”. Spesso si confonde il concetto di rappresentatività con il concetto di probabilità.

Ormai la rappresentatività è “assicurata” per quote con qualsiasi metodo di raccolta delle informazioni. Ed i campioni probabilistici non esistono più, nè nelle indagini face to face, in cui l’intervistatore non bussa più alle porte, nè in quelle telefoniche. Quanti hanno disdetto la linea telefonica fissa o sono iscritti al registro delle opposizioni? E non è pur vero che al telefono rispondono i più curiosi?

Semplicemente per ciascuno studio, per ciascuna necessità occorre scegliere il giusto metodo di rilevazione. Sono tutti buoni. E questo lo sostenevo anche in tempi non sospetti, quando non conoscevo le dinamiche di un panel provider e la differenza tra i diversi panel provider.

E’ cambiato il mondo della ricerca rispetto a quando ha iniziato? Se sì, in che modo?

E’ cambiato moltissimo. Con rammarico ripeto quanto ho detto prima “quando ancora le ricerche di mercato erano davvero tenute in considerazione”. Le costrizioni di budget, le ristrutturazioni nelle aziende hanno un po’ svilito l’importanza delle ricerche di mercato, quelle fatte bene. Io credo che, ed è il motivo per cui siamo in Assirm, si debba dare nuova dignità alle ricerche di mercato.

In teoria in un mondo che cambia velocemente si dovrebbero fare più ricerche di mercato che in passato. Non farle perchè tanto poi il mondo cambia, significa non essere mai al passo con i tempi. Senz’altro ora più che mai la rapidità di azione è fondamentale come anche la conoscenza dei fenomeni. Ma occorre educare nuovamente e maggiormente le aziende all’importanza fondamentale delle ricerche.

2 - Elli - Research Now - 14 febbraio 2014.pdf