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I Manager Assirm si raccontano: intervista a Maurizio Pucci – Amministratore Interactive Market Research

10 Settembre 2014

Intervista a Maurizio Pucci

Da dove nasce la passione per la ricerca?

Lavoravo in Procter & Gamble, in R&D dopo la laurea in Ingegneria Chimica. Ero in laboratorio con le mie provette e i mie campioni da testare, intento a sviluppare una nuova formulazione per un prodotto per la detergenza, trovai una sospensione chimica che sembrava combinare performance di pulizia e viscosità. Dopo qualche giorno la formulazione era pronta per essere testata con i consumatori!

Avevo dedicato molte settimane al lavoro tecnico e iniziavano ad assalirmi alcuni dubbi: il miglioramento sarà riconosciuto? Dove verrà usato il prodotto? Piacerà la nuova viscosità?

La formulazione ahimè non destò molto entusiasmo e risultati della ricerca erano piatti rispetto alla reference … alcuni “internals” andavano nella direzione giusta, ma il prodotto non avrebbe generato alcun volume addizionale in termini di vendita.

A quel punto mi iniziai ad interessare ed appassionare al consumatore capovolgendo il paradigma: partiamo da cosa vogliono e poi si va in laboratorio. Da quel momento iniziai a capire che gli individui vogliono emozioni, sensazioni memorabili, qualcosa che risuoni empaticamente nel subconscio e non un semplice prodotto perfezionato.

Il passo dal comprare le ricerche a pensarle in termini metodologici è stato breve.

Dopo 12 anni di Interactive, posso dire che questo è il lavoro più bello del mondo! Ogni giorno una sfida diversa, ogni giorno si cresce e continuo a stupirmi della complessità della nostra mente e delle dinamiche sociali.

Quali studi consiglia a un giovane che vuole avventurarsi in questo settore?

Io sono un Ingegnere chimico, cosa vuole che le dica.

Credo che Sociologia o Economia siano la facoltà giuste per questo settore. Tuttavia, poiché in istituto sono molti i ruoli che possono essere ricoperti, dalla tecnologia alla psicologia, direi che qualsiasi percorso accademico sia valido purchè ci si metta passione e testa.

Da ricercatore a capo di un istituto: com’è stata la carriera di Maurizio?

La mia carriera è stata virtuale, nel senso che essendo co-fondatore di Interactive all’inizio della mia carriera (era il 1999) sono stato al contempo capo, ma anche ricercatore.

Ho svolto tutte le funzioni: programmatore, ricercatore junior, ricercatore senior, project manager, account, sempre con il doppio ruolo di capo. In questo percorso, mi ha aiutato la mia indole: non mi sono mai accontentato di quello che mi dicevano, ho sempre studiato, approfondito e sbagliato sulla mia pelle! Oggi il ruolo è stato riempito da anni di apprendistato, cosa fondamentale per pesare tutte le funzioni di ricerca e per valutare correttamente il lavoro del team.

E’ cambiato il mondo della ricerca rispetto a quando ha iniziato? Se sì, in che modo?

Purtroppo più che la ricerca è cambiato il mercato. Ma questo è un aspetto su cui eviterei di addentrarmi.

Riguardo la ricerca, posso dire che c’è stata sicuramente una ventata di freschezza rispetto al passato. Vecchi e compassati ricercatori – e capi – sicuri nei loro modelli mentali, sono stati soppiantati da giovani ricercatori vogliosi di interpretare la realtà attraverso strade poco battute. Si è forse perso qualcosa in termini metodologici, ma si è riconquistato un aspetto fondamentale del nostro lavoro: osservare il mondo sociale con animo aperto e con un approccio pionieristico. In tal senso le nuove tecnologie hanno aiutato molto i giovani a farsi conoscere.

Le nuove tecnologie e internet stanno cambiando le ricerche di mercato? Rappresentano un valore aggiunto o un ostacolo?

Questa è una domanda molto interessante.

La comunicazione è cambiata molto rapidamente negli ultimi anni, le nuove tecnologie si propagano velocemente ma si estinguono con la stessa velocità. Questo ciclo così breve non permette una tecnica di analisi consolidata. Vanno pertanto costruiti degli strumenti più snelli, più rapidi e interpretazioni quali quantitative più intuitive.

Per questo motivo direi che le nuove tecnologie non sono un “valore” ma una necessità: sono gli unici strumenti in questo momento validi per acquisire informazioni strutturate e rappresentative di una parte della nostra realtà. Ciò non significa che le consolidate tecniche di rilevazione siano sbagliate, ma sono state arricchite dalle tecniche moderne e lo saranno sempre di più.

20 - Pucci - IMR - 8 settembre 2014.pdf