Le Market Research Online Communities (MROC) – chiamate anche Insight communities, Online research communities, o anche pop-up communities – sono uno strumento che sta assumendo sempre più rilevanza sia in termini di ricerca accademica, sia di riflessione sulle pratiche. Il termine di per sé risale al 2008, ma ci sono esempi di uso di community a scopo di ricerca anche in anni precedenti, pure se meno strutturati delle MROC. A più di vent’anni dalla formalizzazione del nome e dall’inizio di un loro uso sistematico, è importante iniziare a sistematizzare l’insieme di pratiche sottostanti all’utilizzo di questo strumento, specialmente in Italia, dove una vera e propria discussione su MROC deve ancora iniziare.
Riflettere sulle pratiche permette di rispondere a tre aspetti in particolare. Proviamo a collocare lungo l’asse temporale l’evoluzione di queste pratiche di ricerca in campo qualitativo. Quando si progetta una ricerca, tradizionalmente si pensa a ottimizzare il rapporto tra tre fattori: il tempo a disposizione per effettuare l’indagine, le risorse in rapporto alle quali definire i costi sostenibili, il grado di precisione che si intende raggiungere. Otteniamo quindi un triangolo che costituisce il campo all’interno del quale, a seconda della ‘regolazione’ dei rapporti tra questi tre elementi, si gioca la partita relativa alla scelta del tipo di tecnica di indagine da adottare e degli strumenti cui affidarsi.
Le pratiche in particolare si nutrono di processi trasformativi di pratiche, ovvero il riconoscimento di azioni pertinenti che possono essere portate dal dominio vecchio a quello nuovo, e di integrazione con nuove strategie intelligenti, che nascono da nuove esperienze. Se consideriamo il triangolo precedentemente menzionato in prospettiva temporale in riferimento al periodo che va dalla metà degli anni Novanta ad oggi, possiamo individuare quattro momenti che chiameremo, convenzionalmente: a) Il persistere della tradizione; b) Web 1.0; c) Web 2.0; d) Verso l’onlife. Nei momenti b) e c) troviamo strumenti che - al meglio dell’ottimizzazione del rapporto tra i vertici del triangolo - hanno reso possibile la gestione di ‘gruppi di discussione a due vie’. Su a) non perderemo tempo, mentre diremo qualcosa a proposito di d), anche se la discussione di tale punto ci porterebbe oltre l’obiettivo di questo lavoro. Durante b), periodo che può essere fatto coincidere con l’arco di tempo 2000-2010, la ricerca qualitativa ha visto l’affermarsi (ricordiamo in proposito un progetto pionieristico promosso da Eurisko nel 2001) e il diffondersi dei forum online. Arrivati a c) - periodo collocabile tra 2010 e 2020, con possibilità di prolungamento ancora per qualche anno - incontriamo l’oggetto d’analisi di questo testo: i MROC costituiscono infatti lo strumento di produzione di dati qualitativi più in sintonia con le tecnologie che caratterizzano ciò che si è soliti chiamare Web 2.0. Nei paragrafi successivi dettaglieremo caratteristiche e specificità dei MROC mostrando appunto ciò che è possibile fare sfruttando al meglio le opportunità offerte dagli strumenti di interazione e comunicazione mediata messi a punto grazie alle tecnologie proprie di questa fase di sviluppo del Web.
Discorso a parte, come appena detto, meriterebbe la trattazione di quanto ci aspetta in un futuro che probabilmente è già iniziato, e che abbiamo collocato in cima al prisma rappresentato nell’immagine 2. Intendiamo riferirci ad approcci specifici per la produzione e il trattamento di ‘big’ e ‘complex’ data, al ricorso massiccio ad applicazioni di intelligenza artificiale anche integrate in app di utilizzo comune e infine alla possibilità di accesso a servizi cognitivi online, anche gratuiti che rendono possibili operazioni di analisi oltre che di contenuti verbali anche di comportamenti paraverbali, non verbali e prossemici in gruppi di discussione e interviste online. Una vera rivoluzione, quindi, che porterà alla realizzazione di pratiche di ricerca fondate sulla rete ben al di là dei MROC, pratiche adatte a quella che ormai si suole chiamare la dimensione dell’Onlife, vale a dire quella che la Treccani, (raccogliendo il frutto dei lavori del filosofo Floridi e tuttavia commettendo qualche imprecisione dal punto di vista terminologico su cui non ci soffermeremo in questa sede), definisce come la «dimensione vitale, relazionale, sociale e comunicativa, lavorativa ed economica, vista come frutto di una continua interazione tra la realtà materiale e analogica e la realtà virtuale e interattiva» (http://www.treccani.it/vocabolario/onlife_%28Neologismi%29/). Ma questo, come abbiamo già detto, è un discorso che, per essere trattato adeguatamente in riferimento alle pratiche di Market Research, richiede uno spazio e una profondità che non sono compatibili con il tema di queste pagine.